Gallicchio Vetere "Sentiero Belvedere"
Sentiero Belvedere
L’inizio del sentiero, è in prossimità della Chiesa del Carmine per poi passare in prossimità della chiesa di Santa Maria Assunta. La chiesa di Santa Maria del Carmine è stata realizzata nel 1613. La facciata principale è semplicemente articolata da un portone d’ingresso e da un oculo superiore. La chiesa dispone di un’aula liturgica di forma rettangolare di piccole dimensioni. È dotata di un campanile, mentre sul lato sud-est vi è la presenza di un contrafforte.
La chiesa di Santa Maria Assunta, detta Chiesa vecchia che sorge sul margine sud di Piazza Vittorio Emanuele II, è la più antica del paese. Le prime notizie riguardanti l’esistenza di una chiesa officiata da un arciprete, un canonico e dei chierici, risalgono al 1324 quando Gallicchio fu elevato ad arcipretura. Fino al 1799 non si trovano tracce nei documenti sulle sorti di questo edificio, che il giovedì santo di quell’anno subì il crollo del ” Cappellone o Cupolone”.
La ricostruzione del Cappellone impegnò i sindaci e decurioni dell’epoca per trent’anni circa: i lavori furono avviati nell’aprile del 1827 e terminarono nel 1856. La mattina del 17 dicembre 1857 un terribile terremoto devastò il paese e apportò notevoli danni anche alla chiesa che perse definitivamente il Cappellone e la navata sinistra. Prima di questo evento disastroso la chiesa era a tre navate e aveva all’interno delle sue navate laterali sei piccole cappelle. Disponeva inoltre della sepoltura comune sotto il pavimento e di apposite fosse o buche per la sepoltura dei fanciulli e dei chierici. Nel 1944 la chiesa subì un altro colpo mortale in seguito a un incendio che distrusse il soffitto e il pulpito in legno, numerose statue e quadri a olio, l’organo a canne e suppellettili vari. Durante i lavori di restauro che iniziarono dopo la guerra, nel 1946, il campanile che era sulla sinistra di fronte, al Palazzo Baronale, fu ricostruito sulla destra in mattoni in cotto di tipo antico. L’interno della chiesa conserva ancora l’altare maggiore, decorato con stucchi dorati, che fu fatto edificare nell’anno 1838 da Rachele Villone, due altari minori posti uno sul lato sinistro e uno in fondo alla navata destra e sei nicchie nei muri perimetrali che contengono altrettante statue sacre, due delle quali di pregiato interesse storico-artistico: le statue lignee del 1700 dell’Immacolata e dell’Assunta.
Il sentiero poi incomincia la sua salita all’interno dell’area SIC Murge di San Lorenzo (Sant’Oronzo) che ha una superficie di 5.361,334.
Nel sito ZPS IT 9210271 “Appennino Lucano, Val d’Agri, Monte Sirino, Monte sono presenti 14 tipi di habitat naturali d’interesse comunitario elencati dall’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione.
Nel sito risiedono le seguenti specie animali indicate dall’Allegato II della Direttiva Habitat:
1. il lupo (mammifero appartenente alla famiglia dei Canidi), nome scientifico “canis lupus”;
2. la lontra (mammifero della famiglia dei Mustelidi), nome scientifico “lutra lutra”;
3. la salamandrina (anfibio), nome scientifico “salamandrina terdigitata”;
4. il tritone crestato (anfibio), nome scientifico “triturus cristatus”.
Continuando a salire verso monte il sentiero attraversa due piccoli fossi che, in occasione di eventi di pioggia, poiché le portate non sono convogliate determinano problemi al piano viario del sentiero. Dopo i due fossi più a monte si incontra una zona PICNIC che in alcuni periodi risulta insufficiente per l’utenza che ne dovrebbe fruire e quindi va migliorata.
Immediatamente più a monte il sentiero presenta le seguenti problematiche:
– da un lato esso confina con terreni privati all’interno dei quali vi sono animali pascolo;
– dall’altro lato è privo di una staccionata che lo renderebbe più facilmente percorribile;
– il piano viario si presenta sconnesso ed in alcuni punti non percorribile.
Questa è la zona di Gallicchio Vetere ed è qui che sono vi sono stati dei ritrovamenti archeologici, come del materiale ceramico, tanto di superficie quanto del livello d’impostazione dei muri. Molti frammenti di tegole, ceramica acroma, ceramica da cucina, frammenti di pentole e tegami di un impasto bruno rossiccio, grossolano, con minuti inclusi bianchi. La presenza di frammenti di sigillata italica, in prevalenza coppe delle forme XV-XIX-XX, e di un frammento di lucerna a volute con beccuccio ogivale. Sulla terrazza superiore del pianoro, più estesa è con lieve pendio orientato da nord a sud, poco al di sotto del piano di campagna, si è rinvenuto un lungo muro (m. 19, 10) con orientamento NE-SW. L’ampliamento dell’area di scavo ha permesso di identificarlo come il muro perimetrale di un grande edificio, distinto in ambienti quadrangolari, con accesso dal lato S.
Nell’angolo NE dell’edificio al muro perimetrale si innesta, con una variazione di venti gradi ad E, un secondo muro, che corre per una lunghezza di m, 9,20 e pure sembra delimitarne il perimetro; meno chiaro invece appare il contorno dell’abitazione lungo i lati W e S, assai compromessi dall’aratro in anni precedenti. Tutti i muri dell’edificio sono eseguiti nella stessa tecnica (più accurata in quelli perimetrali conservati per un massimo di due filari), sono cioè realizzati con ciottoli di piccole e medie dimensioni, tranne che negli angoli di congiunzione fra gli ambienti, dove compaiono pietre di maggiore dimensione e di forma più regolare, in funzione di cerniera, allettati “a secco” con terra, pietrisco, frammenti di tegole e pithoi. Nell’ala E dell’abitazione un piccolo ambiente (m. 3,60 x 1,90) distinto in due vani conserva un pavimento in coccio pesto, molto compatto ed è collegato a canalette di deflusso. Il materiale di superficie, come dei livelli d’uso e di abbandono dell’intera struttura è omogeneo: ceramica acroma e da fuoco, pithoi, anfore, scarsi frammenti di ceramica apula a figure rosse (fra le forme prevalenti oinochoe trilobata e pelike), ceramica a vernice nera, in genere di qualità scadente e mal conservata,in prevalenza piattelli e coppette, databili dalla fine del IV a tutto il III secolo a.C. , unguentari del tipo III e VI riferibili allo stesso periodo . Numerosi sono pure i pesi da telaio; dalla parte centrale dell’edificio viene inoltre un quincunx di Luceria, datato fra il 211 e il 208 a.C.Un ulteriore sondaggio, condotto sullo sperone più alto del pianoro che ne guarda le due stradelle d’accesso, ha messo in vista un tratto di muro, a grossi ciottoli e terra, rinforzato nella zona d’angolo con un piano di larghe, ma non spesse, lastre di pietra calcarea. I gravi danni subiti da questa struttura, in gran parte franata a valle, e la pressocchè totale mancanza di materiali, non permettono di proporre una certa identificazione sia per quanto riguarda la sua funzione che la cronologia; tuttavia la tecnica di esecuzione assai rozza, e la brevità del tratto che da essa è interessato, indurrebbe a pensare a un terrazzamento di rinforzo della parete collinare piuttosto che a resti di una cinta di fortificazione .In conclusione i dati offerti da questa prima indagine nel territorio di Gallicchio Vetere sembrano confermare il panorama noto per l’interno delle vallate dell’Agri e del Sinni fra IV e III secolo a.C.
La presenza delle colonie greche, soprattutto di Heraclea, con il suo dinamismo economico e culturale, funge da pungolo e da stimolo nei confronti delle comunità indigene lucane, che si cominciano a definire come forza politica organizzata in funzione anti-italiota. Nello stesso tempo però gli insediamenti indigeni, mantenendo la caratteristica di nuclei sparsi di abitato, con larghe aree libere, forse destinate ad attività agricole e pastorali o utilizzabili come rifugio, si vanno organizzando con strutture abitative di modello greco: fattorie, con ambienti regolari di diversa destinazione, con attività autonome per la produzione d’oggetti d’uso, come la tessitura ad esempio; luoghi in cui la ceramica di produzione magno greca e la sua imitazione locale rappresentano una ulteriore testimonianza dell’impatto greco nelle valli fluviali della Basilicata.
Un elemento in più per Gallicchio sembra offerto dalle tracce di una persistenza dell’insediamento in età romana, forse per influenza della vicina Grumentum. Certamente troppo pochi sono i dati ora a nostra disposizione: il più significativo di essi è l’affinità di tecnica costruttiva e tipo di malta fra i due tratti di muro messi in luce sulla terrazza inferiore di “Tempa Carlo Magno” e i muri radiali dell’anfiteatro di Grumentum, nonché la presenza in quest’ultima, e solo su di essa, di sigillata italica. Ma mancano i dati relativi alle sepolture, nè è possibile precisare la stessa estensione dell’abitato, la sua organizzazione interna, la rete viaria, problemi tutti che si spera un’attenta ricognizione dell’area circostante e una più estesa esplorazione archeologica possano aiutare a chiarire.